Descrizione di una battaglia. I rituali del calcio.

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Descrizione di una battaglia - i rituali del calcio

Sono cambiate probabilmente le forme della violenza legata al calcio; è certo però che la violenza non è una perversa invenzione di questi ultimi anni. Esiste certamente una violenza sociale nel calcio, ma esiste anche una retorica della violenza. La retorica non consiste nel denunciare la violenza, ma nel nutrirsi del suo mito. Ogni epoca denuncia la propria crisi attribuendola alla mancanza di valori dei membri più giovani della società, e al loro comportamento antisociale. Il fascino del calcio potrebbe dipendere anche dal suo contenere essenzialmente (e cioè, da sempre) la possibilità rituale di violenza. Violenza rituale significa "trasformata", "celebrata", "simbolica", e quindi non necessariamente praticata. Il gioco del calcio costituisce per un gran numero di praticanti, spettatori e appassionati, una autentica sottocultura, ovvero un sistema o sottosistema di simboli che orienta riti specifici, dotato di linguaggi specifici e capace di promuovere comportamenti specifici.

CAPITOLO I - SPORT ED ECCITAZIONE COLLETTIVA

Sport e razionalizzazione

Sport: in origine designava principalmente un’attività ricreativa; include oggi qualsiasi attività ludica di tipo agonistico, individuale o di squadra, dilettantesca o professionistica.

I giochi e le feste hanno pressoché perso ovunque, nelle società occidentali, le caratteristiche trasgressive originarie. L’eccitazione come fenomeno di massa legittimo è rintracciabile oggi solo in alcuni riti di massa, come la festa di San Fermìn a Pamplona o il palio di Siena. Ciò è dovuto al carattere puramente formale e commerciale che le feste pubbliche hanno assunto nel mondo moderno, ma soprattutto al progressivo addolcimento degli sport: da un lato sono progressivamente scomparsi quegli sport incompatibili con una sensibilità sociale ed estetica moderna (combattimenti di galli o di cani); dall’altro negli sport praticati e popolari ma realmente o virtualmente violenti (pugilato) sono state introdotte regole che limitano la violenza diretta sugli avversari. Questa umanizzazione degli sport non ha soltanto di mira l’integrità fisica degli atleti, ma la percezione morale della violenza e del pericolo da parte del pubblico. E’ il carattere intenzionale del pericolo o della violenza che viene progressivamente ridotto, ma non il pericolo o la violenza in quanto tale.

Calcio e ambivalenza emotiva

Da un lato si tende a rimuovere ogni occasione non controllata di pericolo o violenza gratuita; dall’altro si razionalizzano come normali, fatali o necessari, i rischi intrinseci allo sport (corse automobilistiche).

La recente evoluzione delle norme arbitrali mira soprattutto alla sterilizzazione del gioco, ad eliminare dall’evento sportivo l’emotività, l’espressione immediata dei sentimenti.

La stampa interpreta, amplificandoli, il bisogno di consumare emozioni in un contesto in cui le emozioni e la loro espressione non sono riconosciute come legittime.

Il calcio come fatto sociale totale

Il calcio è un "fatto sociale totale" cresciuto intorno al gioco. Con la nozione di "fatto sociale totale" si intende non solo le necessità di integrare nell’osservazione della società una molteplicità di elementi (cognitivi, giuridici, economici, politici, etc.) e la loro connessione, ma anche il riflesso di questa complessità nelle esperienze individuali. In nessuna realtà sociale come quella del calcio, questa nozione di Mauss si rivela utile. L’assistere a una partita di calcio integra un attore in un groviglio di realtà sociali, economiche, simboliche, ludiche e perfino politiche che fanno"sistema" e trovano la propria espressione completa nello stadio. Per questo potremmo definire il calcio come fatto sociale "integrale".

Il calcio è :

  • attività economica, investimenti leciti e illeciti (totonero, bagarinaggio);
  • campo di investimenti simbolici (prestigio per i dirigenti, starship per giocatori e allenatori);
  • oggetto di desiderio su cui gli attori sociali investono passioni ed emozioni, riorganizzano stabilmente e periodicamente il significato di una parte non trascurabile della propria esistenza.

Questi piani (materiale, simbolico, affettivo) sono interdipendenti.

Il calcio è uno spettacolo sociale che può divenire il simbolo di ben altri giochi sociali e politici. Una squadra competitiva sul piano strettamente sportivo diviene il simbolo, l’immagine trasfigurata di una intera città o comunità (Napoli - rivalsa del sud contro il nord).

L’uso del calcio come veicolo di prestigio politico o di pubblicità è vecchio quanto questo sport (fascismo, dittatori argentini).

Il fatto nuovo di questi ultimi anni è il ruolo crescente del pubblico come soggetto attivo: più il calcio acquista le caratteristiche di un campo di investimenti emotivi, sociali e politici, tanto più diviene una ribalta per gli attori in grado di apparirvi; costituisce per spettatori e tifosi una straordinaria occasione di essere visibili.

Tre ipotesi sulla logica dei tifosi organizzati

1. In quanto sport di squadra, che permette identificazioni con determinati simboli, il calcio promuove una divisione del mondo, in particolare dei tifosi, in amici e nemici.

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Due modalità: quella linguistica del commento e quella attiva del pubblico.

L’opposizione simbolica trascende le tradizionali divisioni politiche e ideologiche e le differenze di ceto o di status. Proprio perché l’identificazione in una squadra non ha ragioni prevalenti legate a un’appartenenza sociologica, etnica o politica giustificabile, riaffermare la propria adesione è un gioco interminabile e aperto, che può essere riempito di qualsiasi contenuto. La metafora dominante del calcio è la divisione amico/nemico, una variante ritualizzata della metafora bellica (terminologia di tipo militare).

2. Una partita non è solo l’incontro tra due squadre di calcio. Per i tifosi organizzati di una ...

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