Il fenomeno, secondo il parere di molti autori, si esplicò sino al prosciugamento quasi totale di quel mare. I riscontri oggettivi che testimoniano questa successione di eventi si ritrovano nell'analisi dei rilievi sismici e dei materiali provenienti dai pozzi profondi perforati in diverse riprese dal 1970 al 1995, studi che hanno accertato la presenza di forti spessori di rocce evaporitiche, prodottesi proprio in conseguenza di una prolungata crisi idrica nel bacino del Mediterraneo.
La prima campagna di perforazioni nel Mediterraneo nel 1970, portò alla inaspettata scoperta di evaporiti nel mare profondo: il Mediterraneo, quindi, era profondo prima che si sviluppassero condizioni evaporitiche, era basso durante la crisi di salinità, ma era di nuovo profondo immediatamente dopo la fine delle condizioni evaporitiche (trasgressione pliocenica).
La seconda campagna di perforazioni nel 1975 ha fornito nuovi dati e argomenti in favore del modello interpretativo originario. Tutte le facies evaporitiche trovate nel 1970 sono state riconosciute anche in altri bacini. Le facies più solubili (salgemma, sali potassici) ritrovate precedentemente solo nel bacino Balearico, sono state identificate anche nel bacino Ionico e in quello Levantino.
Le nuove perforazioni hanno confermato la natura profonda dei sedimenti del Pliocene basale in tutti i sei pozzi che hanno recuperato evaporiti del Messiniano.
Ma la scoperta più importante della seconda campagna di perforazione è la natura profonda dei sedimenti pre-evaporitici. Nei due pozzi che, dopo aver attraversato il Messiniano, sono penetrati in terreni più antichi, questi avevano facies batiale sia nel bacino Balearico che nel bacino Levantino.
La terza campagna di perforazioni profonde in Mediterraneo, svoltasi all'inizio del 1986, ha portato nuovi dati riguardanti l'area Tirrenica. Il Messiniano in facies evaporitica è stato trovato soltanto nel settore occidentale, dove era già noto dal 1970. Forti spessori di sedimenti terrigeni non fossiliferi e contenenti scarsi noduli di gesso sono stati trovati nella piana abissale su crosta continentale. Tutto il Tirreno sud-orientale è risultato essere privo di sedimenti messiniani, essendosi formato in epoca più recente.
Infine le ultime campagne di perforazione effettuate nel 1995 nel Mediterraneo orientale e in quello occidentale hanno dimostrato al di là di ogni dubbio che:
- il Bacino di Alboran è privo di evaporiti;
- l'invasione pliocenica ha la stessa età (5,33 milioni di anni) in tutto il Mediterraneo da un estremo all'altro.
La rapida depressione del livello del Mar Mediterraneo, causò un generale abbassamento del livello di base ed il conseguente approfondimento degli alvei di tutti i corsi d'acqua superficiali. Durante lo svolgersi di quest’evento, la valle del Nilo fu sovraescavata, come testimonia la presenza di un paleoalveo approfonditosi quasi 200 metri sotto il livello del mare, e successivamente riempito da sedimenti d'estuario pliocenici. Questo paleoalveo fu localizzato durante i lavori relativi allo sbarramento del Nilo presso Assuan. Stessa sorte ha subìto la valle del Rodano, lungo il cui corso è stato identificato, 300 km a monte della foce, una paleovalle sottostante l'alveo epigenetico riempita da sedimenti marini pliocenici. Anche la genesi dei profondi canyons sottomarini, che si dipartono lungo i bordi della scarpata continentale della Sardegna, potrebbe essere spiegata come conseguenza del notevole abbassamento del livello del Mar Mediterraneo. All'inizio del Pliocene, intorno a 5 milioni di anni fa si ristabilì, presso lo stretto di Gibilterra, la circolazione idrica tra le acque oceaniche ed il Mediterraneo: quest’evento provocò la rapida sommersione e la sedimentazione nelle aree circummediterranee, che sino allora erano emerse. In particolare, subirono un rapido processo di alluvionamento le profonde incisioni continentali delle reti di drenaggio idrico superficiale, formatesi nel periodo antecedente.
E' probabile che il ritorno dell'acqua sia stato rapido e isocrono in tutto il Mediterraneo, dal momento che si osserva un brusco cambiamento nei sedimenti, con depositi di argille immediatamente sopra le evaporiti. Il rapido ritorno alle condizioni iniziali deve essere stato permesso da collegamenti più vasti e più profondi di quello attuale di Gibilterra, in quanto nei sedimenti sopra le evaporiti si trovano microfossili che non sono in grado di sopravvivere sopra i 1000 metri di profondità. E' probabile che la zona di confine della placca africana sia stata interessata, in quell'epoca geologica, da un movimento parallelo a quello della placca settentrionale, e che questo movimento abbia determinato uno sbocco più ampio verso l'oceano.
Le conseguenze immediate della crisi di salinità furono la distruzione della fauna marina del Mediterraneo e la rapida erosione delle scarpate dei continenti, non più compresse dalla massa di acqua, soprattutto in corrispondenza dell'entrata in mare dei fiumi, che vennero a trovarsi mediamente a 1500 metri sopra il livello di base.