Rapporto tra Giacomo Leopardi ed Albert Camus
Giacomo Leopardi, in Italia, così come Albert Camus, in Francia, a più di un secolo di distanza vissero un profondo isolamento sociale ed intellettuale. Entrambi, inoltre, in particolare in alcune delle loro opere, (ad esempio “La Ginestra”, considerata il testo più camusiano del Leopardi) hanno lasciato all’umanità un vero e proprio testamento filosofico e morale, caratterizzato da un esplicito alla ricerca della verità contro ogni finzione, alla necessaria accettazione della caducità dell’uomo, alla solidarietà ed alla ‘social catena’. La natura umana, infatti, fa parte di una natura più grande; il pensiero del Camus affonda le sue radici nella Natura, ambigua, né benigna né matrigna (Leopardi: rispettivamente anni 1817-18, pessimismo storico e 1819-23, pessimismo cosmico), che egli accetta pienamente, quale unica fonte di felicità, seppure foriera di un ineluttabile destino di morte. A. Camus sostiene che l’Europa si è allontanata dalla morale e dalla bellezza, per cui sposa la corrente del “Pensiero meridiano”; esso nasce con i presocratici, passando per il Naturalismo di Giordano Bruno e Tommaso Campanella. E’ dunque di tradizione mediterranea e va inteso come pensiero del mezzogiorno, della luce, opposto alle ombre della decadenza, della crisi dilagante all’epoca nell’Europa settentrionale, dominata dal totalitarismo tedesco. Analogamente il Leopardi parla di ‘secol superbo e sciocco’, ad indicare la cieca arroganza dei suoi contemporanei, cui contrappone la ‘ratio‘ illuminista.