CAPITOLO 3

LA POLONIA NEL CONTESTO AMBIENTALE

1. Breve contesto generale

a) Storia e contesto politico (cenni).

La Polonia si estende tra il Mar Baltico e la catena dei Carpazi, con una superficie di 312.680 kmq (che la colloca al nono posto tra i paesi più grandi d’Europa) e una popolazione di 38,6 milioni di abitanti. La tradizione vuole che la fondazione della Polonia risalga al 966, quando il principe dei Polani (“abitanti della pianura”) si convertì al cristianesimo. Nel XV secolo il paese divenne una monarchia elettiva, e cominciò a sviluppare legami politici e culturali con l’Europa occidentale, ma subì un declino nel XVII e XVIII secolo, anni in cui il territorio polacco venne ripartito fra gli imperi di Russia, Prussia, e Austria. Al termine della prima guerra mondiale fu costituita la Repubblica di Polonia, una democrazia parlamentare, ma nel 1939 il paese fu nuovamente diviso e annesso alla Germania e all’Unione Sovietica. Dopo la fine della seconda guerra mondiale il paese recuperò la propria indipendenza, e nella definizione dei nuovi confini le vennero attribuiti territori in precedenza tedeschi, entrò così nella sfera d’influenza e di controllo dell’Unione Sovietica, con una costituzione ed un governo comunisti. Le continue proteste per la perdita delle libertà politiche ed economiche e l’opposizione al regime, soppresse continuamente in modo violento, cominciarono a svilupparsi a partire dal 1979, fino a che nel 1981 al culmine di un agitazione politica, fu dichiarata la legge marziale che restò in vigore fino al giugno 1983. Tutti gli anni ottanta furono così caratterizzati da incessanti pressioni per un mutamento di rotta economico politico, così il movimento di Solidamosc nel 1989 divenne la principale forza di governo sotto la guida del primo ministro Mazowiecki; nell’anno seguente veniva eletto presidente Lech Walesa, con libere elezioni parlamentari, a cui si succeduto l’attuale presidente in carica Kwasniewski.  Il Parlamento è costituito da 2 camere: il Sejm, composto da 460 membri eletti a scrutinio proporzionale su base nazionale o nell’ambito di collegi regionali (con una soglia minima del 5% per ottenere dei seggi), e il Senato, composto da cento membri eletti a scrutinio maggioritario. In base all’articolo 98 della nuova Costituzione, le due camere possono essere sciolte in seguito ad una votazione del Sejm con una maggioranza di due terzi, o dal presidente della repubblica se il Parlamento non riesce ad approvare la formazione di un governo o non adotta il  bilancio entro il termine prescritto di quattro mesi. I parlamentari godono di un regime di immunità di tipo tradizionale, di cui possono essere privati solo con una maggioranza di due terzi; il ruolo e la partecipazione dell’opposizione inoltre sono riconosciuti anche se a volte si sono denunciate le limitate possibilità di accesso all’informazione. Il multipartitismo è ampiamente garantito in Polonia e i partiti, in cui si ha libertà di adesione, godono di un finanziamento pubblico unicamente per le campagne elettorali. In campo legislativo e di bilancio, il Sejm ha l’ultima parola rispetto al Senato, e il diritto di iniziativa oltre alle due camere è conferito anche al presidente della repubblica ed al Governo.  Per quanto riguarda il potere esecutivo, il presidente, eletto per cinque anni a suffragio universale diretto con scrutinio maggioritario a doppio turno, svolge un ruolo importante nel funzionamento delle istituzioni e della vita politica del paese. Egli nomina il primo ministro e i membri del governo, che rispondono del proprio operato di fronte al Sejm. Il governo è una coalizione di centro-sinistra tra l’Alleanza Democratica di Sinistra ( il successore del partito dei Lavoratori Polacchi Uniti nell’era comunista ) e la più piccola Unione del Lavoro. L’organizzazione territoriale dell’amministrazione statale si basa sui voivodati (fino al 1999 erano 49, poi in seguito alla riforma amministrativa diventarono 16 con 373 distretti amministrativi), nella cui circoscrizione il prefetto (Voi vod) è incaricato di rappresentare l’amministrazione centrale, e sui comuni (2489). Il sistema giudiziario è indipendente nei confronti delle altre istituzioni, i magistrati sono nominati dal presidente della repubblica su proposta del consiglio nazionale della magistratura, un organo collegiale creato nel 1989 i cui 24 membri sono in maggioranza magistrati designati dalle giurisdizioni di appartenenza. Il presidente può bloccare una nomina proposta dal consiglio ma non può nominare un magistrato che non sia stato proposto da quest’ultimo, e lo stesso vale per le promozioni e i trasferimenti di cui si occupa in via esclusiva il consiglio nazionale, nonché della nomina dei giudici della corte suprema. Gli atti amministrativi sono soggetti a un “Codice di procedura amministrativa” e possono essere oggetto di ricorso presso l’Alta corte amministrativa, le cui decisioni possono essere impugnate presso la sezione amministrativa della Corte Suprema. Quest’ultima ha una sezione di controllo che  svolge funzioni di vigilanza amministrativa e finanziaria su tutti su tutti gli organismi governativi o finanziati dal bilancio statale e sulle comunità locali. La Corte Costituzionale vigila sulla conformità alla Costituzione delle leggi e di altri atti normativi, può fornire un’interpretazione giuridicamente vincolante di qualsiasi disposizione legislativa e può essere sempre chiamata in causa da un difensore civico. I suoi membri sono eletti dal Sejm  e hanno un mandato di nove anni non rinnovabile. Nell’ambito dei diritti dell’uomo e delle minoranze si nota come la Polonia abbia varato un certo numero di norme interne per assicurare il rispetto dei diritti suddetti anche tramite l’applicazione di talune convenzioni internazionali, tra le quali figura al primo posto la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo la cui ratifica, peraltro già effettuata dalla repubblica polacca nel 1993, è anche un elemento dell’acquis comunitario. Sono così garantite la libertà di associazione, riunione, espressione, sindacale, di insegnamento e religiosa e i diritti allo sciopero, alla salute, alla non reclusione arbitraria, alla giustizia, elettorali, alla proprietà privata,al domicilio,ad un minimo vitale per indicare quelli che hanno affrontato i maggiori problemi di attuazione negli anni passati. Riguardo alle minoranze, esse rappresentano una percentuale insignificante (circa l’1.5%) della popolazione polacca e comprendono in particolare Tedeschi (500000), Ucraini (300000) e Bielorussi (250000). L’articolo 35 della Costituzione garantisce alle minoranze il diritto di mantenere e sviluppare la propria lingua, nonché il diritto ad avere le proprie istituzioni culturali, religiose e scolastiche. Infine, nell’intento di dare una breve valutazione generale del contesto politico, si può affermare che le istituzioni funzionano regolarmente e in condizioni di stabilità, anche se l’autonomia delle autorità locali, specie nell’ambito economico-finanziario, incontra numerosi ostacoli e il progetto di un’amministrazione decentrata tra i comuni e i voivodati è stato oggetto di numerosi dibattiti. Altri problemi si sono riscontrati nella predisposizione di un sistema di funzionari statali di carriera, e nella continua presenza di corruzione all’interno degli organi pubblici, che si è cercato di risolvere con una legislazione particolareggiata sugli appalti pubblici. Per quanto riguarda la giustizia, i problemi maggiormente riscontrati sono la lunghezza dei tempi di giudizio, in particolare in materia civile e commerciale, e le difficoltà incontrate per rendere esecutive le decisioni giudiziarie. Il livello relativamente basso delle remunerazioni dei magistrati, inoltre, si traduce in numerosi abbandoni a favore del settore privato, ciò che riduce ulteriormente l’efficacia del potere giudiziario. Non si rilevano particolari problemi per quanto riguarda i diritti fondamentali, ma la libertà di stampa è ancora parzialmente limitata, inoltre si deve ancora risolvere la questione  riguardante il risarcimento di coloro le cui proprietà erano state confiscate dai nazisti o dai comunisti.

b) L’economia

Riforma economica

Negli anni ottanta, periodo in cui ha iniziato ad adottare una “terapia d’urto” contro il sistema economico comunista, la Polonia si trova alle spalle un decennio di problemi politici ed economici sempre più gravi, durante il quale non si è riusciti a far fronte alla cattiva gestione presente e passata. Sotto il sistema di gestione centralizzato e pianificato tipico delle economie comuniste, l’economia polacca aveva sofferto un eccessiva focalizzazione sull’industria pesante con conseguente presenza di un alto tasso di inquinamento causato da emissioni e rifiuti. Il settore dei servizi era sottosviluppato, le imprese non manifestavano alcun orientamento al cliente e scarsa presenza di innovazione e anche l’agricoltura che occupava la maggior parte della popolazione era poco competitiva. Ciò provocò il rincaro dei generi alimentari che diede luogo ad una lunga serie di scioperi facenti capo al movimento dei Solidarnosc. La Polonia stava inoltre venendo meno ai suoi obblighi internazionali legati al debito, e nonostante i tentativi delle autorità di ripristinare una qualche forma di ordinamento economico, alla fine del decennio l’economia polacca era sull’orlo del collasso. Al ristagno totale dell’economia si aggiungevano le sanzioni economiche dell’occidente, l’impossibilità di contrarre altri debiti con l’estero, la penuria di alcuni prodotti anche di base, e l’iperinflazione che era imminente. Il piano di transizione iniziale (“piano Balcerowics”) fu drastico e globale, e nonostante i ripetuti cambiamenti di governo, esso venne portato ad esecuzione rapidamente se si considerano gli altri paesi in via di transizione, registrando un calo limitato della produzione e una rapida ripresa, che iniziata nel 1992 ha riportato il paese ai livelli di produzione pre-transizione già nel 1995, con l’adesione all’OCSE nel novembre 1996. Il passaggio all’economia di mercato è strettamente legato alla privatizzazione della proprietà di stato e alla ristrutturazione dei processi di produzione. Anche durante il regime comunista, però, una parte dell’economia era in mano ai privati, specialmente nel settore agricolo, e nel 1989 poco prima dell’inizio delle riforme, il settore privato occupava circa un terzo della forza lavoro e produceva un quarto del PIL. Questo spiega la rapida espansione dell’attività del settore privato, subito dopo il crollo del comunismo, dovuta soprattutto alla nascita di nuove imprese più che alla privatizzazione formale delle attività dello Stato. Ciò fu possibile grazie alla liberalizzazione introdotta in materia, agli incentivi fiscali anche se modesti, alla politica commerciale decentrata,e alla convertibilità monetaria, che hanno permesso alle imprese di iniziare l’attività con un capitale modesto, aggirando il problema degli alti tassi di interesse e della carenza di crediti bancari. Ma se la privatizzazione su piccola scala si è ultimata tra il 1990 e il 1992, quella su larga scala è andata a rilento, specie nei settori dell’energia e delle telecomunicazioni e questo anche a causa, nelle prime fasi della transizione, dei ritardi degli investimenti stranieri diretti che cominciarono ad aumentare in misura considerevole solo dal 1994 in poi. Dal 1989 in poi, negli anni della transizione, si riscontra inoltre una diminuzione della quota dell’agricoltura nella quota del PIL polacco, che arriva a rappresentare circa l’8% del valore aggiunto lordo. Se si sposta invece l’analisi in termini occupazionali la percentuale è più alta, il che sta ad indicare che la produttività della manodopera agricola era minore di quella della manodopera dell’economia totale, e ciò a causa soprattutto del mancato utilizzo delle nuove tecnologie in campo agricolo. Nel 1990 viene così creata l’Agenzia per il mercato agricolo, con il compito di tutelare il reddito degli agricoltori e stabilizzare i mercati agricoli e alimentari applicando un sistema di prezzi minimi per frumento, latte e sementi. L’industria, estremamente dinamica, ha svolto un ruolo trainante per la ripresa economica, si è registrato un aumento della produttività nel settore manifatturiero, della trasformazione alimentare, e automobilistica ma è calata al tempo stesso la produzione dei prodotti primari soprattutto del carbone, sostituito dalle importazioni di gas naturale. Ritornando adesso al processo di riforma economica, esso inizia con la liberalizzazione dei prezzi e degli scambi commerciali, così che già dal gennaio 1990, è il mercato a determinare la maggior parte dei prezzi, anche se alcuni tra i più importanti rimangono sotto controllo amministrativo (energia, combustibile, trasporti pubblici, affitti, prodotti farmaceutici e alcolici). Nel campo della liberalizzazione del commercio estero, dal 1990 si è abolita la maggior parte degli ostacoli tariffari e non tariffari al commercio, ciò ne ha provocato un notevole sviluppo particolarmente verso i mercati occidentali, soprattutto l’Unione, che è tutt’ora il primo partner commerciale della Polonia. Nel 1991 viene creata la Società di assicurazione dei crediti all’esportazione di proprietà dei dipartimenti governativi e delle banche pubbliche, con il ruolo di finanziare le esportazioni e i relativi finanziamenti bancari. Lo zloty, la moneta polacca, viene così reso convertibile per le operazioni commerciali, e il cambio, fissato rispetto ad un paniere di monete entro una fascia di oscillazione del 7%. La gestione dei tassi di cambio, in ambito di politica monetaria, ha però cominciato a porre problemi nel 1996, quando è aumentato l’afflusso di capitali a breve termine in risposta agli alti tassi di interesse e alle future rivalutazioni previste. Si è così passati da una politica della BNP, in materia di tassi di interesse ad una politica di riserve monetarie, consentendo fluttuazioni più libere del tasso di cambio all’interno della fascia, aumentando così l’incertezza e scoraggiando quindi l’afflusso di capitali speculativi. Così dopo una situazione di crisi, caratterizzata da inflazione, calo della produzione e degli investimenti e conseguente ribasso dai salari reali e del tenore di vita, già nel 1992 si è riscontrato un tasso di crescita del PIL positivo. Tale tendenza è rimasta praticamente costante da allora, il tasso di disoccupazione è cominciato a scendere e si è avviata la tendenza al ribasso dell’inflazione. Uno dei problemi che invece ancora persiste, è quello riguardante il debito pubblico e il disavanzo di bilancio, conseguenza della forte presenza dello stato nell’economia e degli enormi costi di transazione da un sistema pianificato ad uno maggiormente orientato al mercato. Nel 1990, le sovvenzioni alle imprese che negli anni ‘80 rappresentavano un’alta percentuale della spesa pubblica, equivalevano ancora all’8% del PIL, e i ripetuti tentativi di ampliare la base imponibile inoltre, si sono rilevati infruttuosi, poiché alle aziende più piccole non conveniva farsi registrare se non in caso di esenzioni fiscali o altre agevolazioni. Era così indispensabile una riforma del sistema tributario, e già nel 1993 erano state introdotte l’imposta sulle società, l’imposta sul reddito e l’IVA. Si è cominciato poi a modificare il regime previdenziale, ma il costante disavanzo in questo settore ha richiesto continue riforme fino ad oggi, soprattutto per quanto riguarda il sistema pensionistico, messo a dura prova dall’invecchiamento della popolazione, dalla bassa età pensionabile e dalle generose possibilità di prepensionamento. Per quanto riguarda il settore finanziario, con l’inizio delle riforme nel 1989, viene smantellato il sistema a banca unica, separando le funzioni della banca centrale da quelle delle banche commerciali, cosa che ne ha provocato lo sviluppo con gran rapidità. Dopo anni di risultati negativi ininterrotti, così. nel 1995 il settore torna ad essere redditizio, grazie anche alle riserve accantonate per i crediti inesigibili, alla ricapitalizzazione delle banche di Stato, al aumento di capitale delle banche private e al più duro regime di controlli.

La situazione attuale

La  Polonia ha un prodotto interno lordo di circa 200 miliardi di euro (espressi in parità di potere d’acquisto). La popolazione e l’economia rappresentano rispettivamente il 3% e l’11% circa di quelle dell’unione mentre il suo PIL pro-capite si aggira intorno al 35-40% della media dell’unione. Ecco alcuni dati aggiornati al Gennaio 2004.

Fonte: Ufficio di Varsavia dell’ICE.

Nell'Europa centro-orientale la Polonia e uno dei Paesi più dinamici, dove il processo di trasformazione verso un'economia di mercato e stato praticamente completato. Grazie ad un'ottima gestione della propria economia, la Polonia è infatti riuscita a passare da un sistema economico pianificato ad una economia di mercato più velocemente rispetto ad altri Paesi dell'area, tenendo sotto controllo le fondamentali variabili economiche. Lo dimostrano gli impressionanti risultati economici raggiunti. La struttura del PIL mostra una netta predominanza del settore dei servizi che arriva a produrre una quota del 62,5% del PIL, seguito dal settore industriale con 32,3% e dal settore primario con il 5,1%. Nella dinamica dal 1989 a oggi si nota come il terziario si sia sviluppato velocemente accrescendo la sua quota di PIL e riducendo i ruoli degli altri due settori, in particolare quello dell'industria che e passata da una quota del 52,3% del PIL all'attuale 32,3%. La crescita del PIL è stata sostenuta dall'elevato tasso di crescita degli investimenti interni, che negli ultimi anni ha superato il 20%. Lo sviluppo economico, proseguito per tutto il periodo 1993-2000, nel 2001 ha registrato un rallentamento accompagnato dalla crescita della disoccupazione, principalmemente in conseguenza della sfavorevole congiuntura economica globale e della politica monetaria del governo che ha mirato a un "raffreddamento dell'economia" per scongiurare il rischio di un'eventuale crisi finanziaria. Dopo questo periodo di stagnazione, il Prodotto interno lordo ha chiuso il 2003 in crescita del 3,6%, e le previsioni indicano per quest'anno un'accelerazione al 4 per cento. I motori della crescita sono le esportazioni e i consumi, mentre gli investimenti stanno finalmente ripartendo dopo tre anni di recessione. Un ulteriore stimolo alla ripresa è offerto inoltre dalla politica monetaria espansiva condotta dalla Banca centrale, resa possibile anche dall’assenza di pressioni inflazionistiche legata alla debolezza della domanda interna che bilancia l’effetto meno favorevole della svalutazione dello zloty. Dall’altro lato il deprezzamento del cambio sostiene la ripresa delle esportazioni rivolte soprattutto verso gli altri paesi dell’Est Europa e la Germania. Se non fosse per i problemi riguardanti il disavanzo e il debito pubblico, il panorama economico polacco sarebbe soddisfacente. Sul rischio Paese, però, continua a pesare come un macigno l'irrisolta questione del deficit di bilancio, che riguarda anche gli altri Paesi dell'Europa centrale e orientale, a incominciare dalla Repubblica Ceca e dall'Ungheria. A Varsavia, il nodo dei conti è fonte di ripetuti conflitti nell'Esecutivo e nel Paese, con i sindacati e ampie fasce della popolazione decisi a combattere i previsti tagli alle pensioni e ad altre forme di protezione sociale. Intanto però il deficit di bilancio viaggia pericolosamente verso la soglia del 6% in rapporto al PIL, e più sale, più si allontana la prospettiva di ingresso della Polonia nell'area euro. Cresce contemporaneamente il debito pubblico, che secondo le ultime stime della Banca nazionale toccherà quest'anno il 55% del PIL, cinque punti al di sotto del tetto imposto dalla Costituzione polacca. Per quanto dolorosi possano essere gli interventi sulla spesa pubblica, il Governo deve portarli a termine per entrare nell'agognata eurozona entro un termine ragionevole. L'incertezza sui destini del bilancio polacco domina il dibattito politico e rappresenta un turbamento dell'andamento dei mercati che ne aumenta la volatilità  soprattutto nel caso dei titoli a lungo termine, perché gli investitori chiedono un premio di rischio più alto sul mercato polacco: oggi il rendimento sui bond a 5 anni è vicino al 7%, a giugno era sotto al 5 per cento.  La crescita dei rendimenti farà salire i costi di finanziamento del debito, e il rischio che si formi un circolo vizioso lascia i mercati nervosi e da ampio spazio alla volatilità dello zloty. La moneta polacca, in effetti, continua a perdere terreno nei confronti dell'euro (è passata da un cambio di 4 a 1 a inizio 2003 a 4,87 nei primi mesi del 2004) e potrebbe scivolare ancora, anche se il rapido ridimensionamento del deficit di parte corrente dovrebbe impedirne un deprezzamento drastico e prolungato. Finora, la discesa nei confronti dell'euro ha favorito l'export, cresciuto del 7% nel 2003.

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Principali Settori Economici

Agricoltura

Sebbene l’agricoltura abbia generato nel 2002 solo il 2.7% del PIL, essa impiega circa 4.3 milioni di abitanti, circa il 25% della forza lavoro. Ciò dimostra la persistenza in Polonia di un economia ancora per buona parte rurale, con la necessità di ristrutturazione in questo settore. Esso è infatti costituito da circa 2 milioni di aziende agricole, tutte private, poveramente equipaggiate e la maggior di esse parte gestite secondo criteri di sussistenza e poca propensione al mercato. Si ha quindi la necessità di riforme per aumentare la dimensione delle aziende, sviluppare miglioramenti soprattutto ...

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