Invece Maria Maddalena, la madre di Paulo, nobilita il suo animo poiché si salva solo grazie alla responsabilità sociale che sente nei riguardi degli abitanti di Aar a causa delle sciaguratezze commesse dal figlio prete.
Infatti, il clero talvolta era visto semplicemente come una via d’ uscita per potersi salvare e per poter cambiare il proprio status sociale poiché eleva la condizione della famiglia di origine, ma allo stesso tempo crea dei preti che, col tempo, vanno a perdersi, come ha fatto Paulo una volta giunto ad Aar “…ho veduto dove entravi. Paulo, pensa a quel che fai”12.
Comunque, Paulo non è l’ unico prete che viene rappresentato come un sacerdote che non ha pienamente adempito ai suoi compiti, poiché prete Porcheddu in “Elias Portolu” crea un’ immagine che fa capire come la religione talvolta non venisse presa molto sul serio “…se tu non vuoi aver fastidi va a farti prete!”13. Egli, inoltre, spiega che la vita va goduta e che il divertimento è necessario “Servi Dio in letizia… Dio ci ha dato la vita per godercela un poco”14.
A divertirsi con i preti, solitamente sono i paesani, persone che vivono di tradizioni e feste, che si sottomettono ai nobili e che vestono in costume sardo, rappresentante la loro identità. Essi sono estremamente credenti nei valori antichi e le loro più grandi gioie sono le feste, a cui non sanno sottrarsi “…tutti, sebbene convinti d’ esser là per far penitenza, cercavano di divertirsi nel miglior modo possibile… Come al paese durante tutto l’ anno parlavano della festa, ora alla festa parlavano del paese”15.
Sotto questa categoria sociale di gente che, anche se povera, vive degnamente, sorge la fascia degli isolati, ovvero coloro che non hanno un posto fisso nella stratificazione sociale, per cui possono essere se stessi al di fuori delle regole comunitarie e sono accettati nei loro comportamenti. Questa particolare categoria è identificabile nei vecchi, nei banditi e nei servi.
In “Elias Portolu”, zio Martinu, che meglio rappresenta l’ emarginazione dei vecchi, viene descritto come “Un vecchio gigantesco… Coi lunghi capelli giallastri e una folta barba grigia… Pareva un uomo preistorico”16 e, nonostante le sue apparenze ed il suo vivere solo nella tanca, è un saggio ed è colui che cerca di consigliare Elias quando questi si innamora della futura cognata “Uomini siamo, Elias, uomini fragili come canne… Parla con tuo fratello… Parla con tua madre… Porrà il balsamo su ogni ferita”17.
Efix, il fedelissimo servo delle dame Pintor, è, invece, colui che meglio suggerisce un’idea su ciò che è la categoria da sempre designata come la più bassa, la più umile: la servitù. Egli, nonostante la casa delle sue padrone sia andata in rovina ed anche esse siano ora povere, non le abbandona mai, ma continua a servirle umilmente “…buon giorno, padrona mia!”18, comandato non tanto da loro, quanto dal cugino di queste, Don Predu, che lo deride e, talvolta, lo umilia anche “E tu vai a piedi, babbeo? Anche il cavallo ti fanno fare, adesso?… Quanto ti devono adesso le tue nobili padrone?”19, ma Efix, che ha sempre rispetto per le tre dame, risponde alle provocazioni dicendo: “Nulla mi devono. Io devo tutto a loro”20.
A rappresentare la figura del bandito, c’ è invece Simone Sole, colui che è stato un servo e, dopo essere scappato, vive nascosto tra le montagne della Sardegna con il compagno Costantino e scappa dalla legge che lo condanna di reati che non ha commesso e dalla giovinezza passata in servitù per poter conservare la sua libertà “Tutto, Marianna; fuori che tornare servi…”21.
Ogni persona nella società sarda, nobile, paesano o bandito, è molto legato a dei
valori particolari che talvolta si intrecciano fra loro. Tradizioni e fatalità legano tra loro e si ritrovano in proverbi come “cada matticchedda juchet orichedda”22, che significa che ogni piccola macchia ha le orecchie, e nei riti quotidiani come “…il nastrino giallo contro il malocchio…”23 o le “…galline legate con nastri rossi…”24, mentre molte cose, come la condizione sociale in cui si nasce, sono legate solo alla fatalità.
Le tradizioni sono molto importanti soprattutto per conoscere le abitudini e lo stile di vita dei sardi al tempo in cui Grazia Deledda scrisse i suoi romanzi. Attraverso la descrizione di alcuni elementi si possono trovare le donne nei loro abiti “…le belle scarpette fiorite…(i) corsetti rossi…coperte dai fazzoletti ricamati…”25 e gli uomini nei loro costumi tipicamente fatti di velluto a falde.
Con la conoscenza di tutto questo è possibile creare un’ immagine di come si presenta la società, ma non è tutto qui, poiché all’ interno di questa uno dei ruoli più importanti è giocato dalla superstizione, particolarmente presente in “Canne al vento”, dove è rilevante la presenza di tante feste religiose fatte per lo più per scacciare il male dalla vita delle persone ed espiare il peccato.
La superstizione è soprattutto legata a forze naturali quali sono le panas, donne morte di parto che “…facevano (rumore) nel lavar i loro panni giù al fiume”26, l’ammattadore, “…folletto con sette berretti entro i quali conserva un tesoro…”27, i vampiri, le janas, piccole fate che durante il giorno tessono, il Cananea, serpente vivente fin dai tempi di Cristo, e la Giobiana, “…la donna del giovedì, che si mostra appunto alle filatrici notturne e può cagionare loro del male”28.
Ad ogni modo, queste superstizioni non seguono una linea unica, ma, anzi, si intrecciano con la religione, che scatena paure nella gente ed invita le persone non solo a pregare, ma anche a fare molte feste in onore di Dio e dei suoi Santi, come con la “…festa di Nostra Signora del Rimedio, come usavano… per penitenza, ma anche un po’ per divertimento…”29.
Comunque, la religione non significa esclusivamente superstizione, ma anche credere e, specialmente nel romanzo “Marianna Sirca”, dove il prete non è una figura posta in primo piano come negli altri racconti, possiamo vedere che le donne si recano in chiese per pregare e ringraziare Dio, ma quasi tutti gli uomini le aspettano fuori “…donne giovani, spose con bambini piccoli stretti al petto, vedove dal passo lieve, vecchi dal passo pesante…”30.
Questo accade perché le donne, figure rilevanti nei romanzi della Deledda, sono più credenti e più devote a Dio degli uomini, che si presentano corrotti anche sotto forma di preti.
Inoltre l’ ordinamento sociale influenza moralmente le persone e lo si vede nella famiglia, che è sentita come il centro religioso della casa, nelle tradizioni, che hanno le loro radici nel culto sacro del passato e nei personaggi, che sono in continua lotta fra le regole della comunità e la coscienza individuale, combattuta fra accettazione e rifiuto.
Particolarmente sottolineato dai personaggi che hanno un sogno o che vivono l’amore, è il tema morale dei romanzi della Deledda: il conflitto tra il male ed il bene, che si configurano reciprocamente in peccato ed espiazione. Ciò è chiaramente visibile in quasi tutti i racconti, poiché almeno un personaggio commette un errore fatale a causa della sua debolezza e cade nel peccato, cerca di reagire per uscirne fuori, ma l’ uomo è sempre troppo debole di fronte al peccato e finisce per soccombere.
L’ amore e raramente un sentimento puro, poiché molte volte è solo passione colpevole, un peccato da espiare per non tradire le regole sociali e la coscienza individuale. Per Elias, la passione è quasi una malattia, “…un impeto d’ angoscia indicibile, una disperazione profonda…(uno) spasimo della lotta contro la gelosia, il peccato, il dolore…”31, che inasprisce il suo carattere riempiendogli la mente di pensieri cattivi ed il cuore di una furiosa ribellione, di solitudine e di infelicità. Dopo essersi abbandonato al male ed aver commesso la colpa, insorge in lui il rimorso ed il desiderio di salvezza attraverso l’ espiazione, ma dopo la decisione di farsi prete e l’ annuncio della paternità, l’ amore diventa puro: egli ora ama Maddalena “…come uno sposo che pensa alla sposa madre del figliuol suo…”32, anche se solo la morte del bambino libererà i due amanti dalle passioni terrene.
È proprio nel romanzo “Elias Portolu” che viene meglio descritto il dramma dell’ uomo che porta il suo carico di colpe e che cerca di liberarsene, ma il cui prezzo è una profonda solitudine interiore. Lo stesso dramma compare negli altri romanzi, anche se con diversi gradi di approfondimento. Inoltre il paesaggio si connette intimamente al conflitto tra bene e male, poiché si tratta di un paesaggio morale, che accompagna e sottolinea l’ evoluzione del travaglio interiore ed il dramma della coscienza. Ne sono esempi significativi Aar, piccolo paese battuto dal vento, il silenzio e la solitudine delle tancas ed “…il fruscio delle canne sopra il ciglione…”33, che fanno da specchio al dramma dei personaggi.
Il ruolo della donna nella società sarda è strettamente connesso al tema dell’amore, presente in tutti i romanzi della Deledda ed analizzato nei suoi diversi aspetti.
La donna, vista sia come soggetto sia come oggetto d’ amore, vive questo sentimento in due differenti modi: quello privato, intimo, che può talvolta portare alla passione nascosta e distruttiva, e quello sociale, pubblico, che segue il ruolo che le regole della comunità gli hanno imposto.
La donna, come primo ruolo, è sposa e madre, nonché custode della casa e dei valori della famiglia, attiva nei lavori domestici, tenera verso i figli e distaccata dagli interessi materiali degli uomini; inoltre lei porta dentro sé una grande fede verso Dio che esterna pregandolo molto “…Dio. Lui solo può risolvere i nostri problemi…”34.
In “Elias Portolu”, zia Annedda è colei che meglio rappresenta il ruolo della donna di casa ed è descritta come “…una donnina placida, bianca…(che rimane)…sola in casa col gattino e le galline…”35 mentre tutti i famigliari vanno alla stazione per aspettare Elias. Lei, nella sua calma, continua a svolgere le mansioni domestiche e prepara con cura quasi affettuosa “…pane speciale, biscotti, dolci di mandorle e miele…”36 e la sua fede è tanto devota a Dio che dice: “…Tre cose solamente deve aver l’uomo, amore, carità, umiltà…”37, anche se continua a vivere con delle antiche superstizioni che la spingono a preparare “…un’ acqua speciale…(ad appendere) al collo una medaglia santa, (ad accendere) la lampada a San Francesco, e infine (a pronunziare) le parole verdi…”38 per la salvezza del figlio.
Comunque, la figura materna è anche forte ed incrollabile quando si trova di fronte alla lotta per la salvezza dell’ anima del figlio, come accade ne “La madre”, dove l’omonima protagonista del libro è descritta come una donna che “…si moveva tutta d’ un pezzo, dura, legnosa, con la testa grossa sul corpo bassotto e forte che, rivestito d’ un panno nero scolorito, pareva ritagliato a colpi di scure dal tronco d’ un rovere…”39; la si può vedere sempre ferma nella sua autorità materna, infatti afferma: “Sono una donna ignorante, ma sono tua madre”40 e, con il suo carattere forte, lei riesce a giungere fino al ricatto dicendo: “…Non riparlerò mai più con te…Ma non mi muoverò di qui se non per andarmene dalla parrocchia e dal paese e non ritornarvi più, se tu non mi giuri di non rimettere più piede in quella casa…”41.
Sotto l’ apparente durezza, però, Maria Maddalena nasconde la tenerezza e l’ orgoglio materno, infatti si commuove nel sentire il “…passo distratto di ragazzo…”42 del figlio e si compiace di esser riuscita a farlo diventare sacerdote, anche se attraverso molte fatiche ed umiliazioni “La madre si compiaceva…a vederlo così”43. Maria Maddalena stessa ha la funzione di coscienza per il figlio Paulo e lo richiama al suo dovere di sacerdote e gli parla più con i pensieri ed i gesti che con le parole “Figlio, Paulo, creatura di Dio, fermati”44. Comunque, se il figlio, alla fine, vince la lunga battaglia contro il peccato, la madre ne muore stroncata dall’ ansia e dalla paura dopo averlo sorretto con tutto il suo amore “…ella era morta della stessa pena, dello stesso terrore che egli aveva potuto superare…”45.
In contrapposizione alla figura materna di questi romanzi compare la donna come amante, che vive nel suo intimo e suscita nell’ uomo una passione non solo peccaminosa, ma anche ossessiva, segreta e fatale. “Il viso pallido di Agnese rigato di strisce di capelli neri in disordine (e con gli occhi) sfolgoranti di sdegno e di gioia”46 creano una figura completamente diversa da quella semplice di Maria Maddalena e sono il segno esteriore della potenza seduttrice del peccato. Infatti anche quando appare piccola ed indifesa, la donna amante sa che il suo dominio sull’ amato è assoluto e che tocca a lei prendere l’ iniziativa, tant’ è che Agnese dice a Paulo “Se si ha da vivere assieme partiamo subito, stanotte stessa”47. Nella solitudine della grande casa, che la imprigiona come una fortezza, la donna amante si dibatte tra passione e ruolo sociale, tra desiderio di vendetta e bisogno di salvezza, trovando nella chiesa costruita dai suoi antenati la forza di salvare sé stessa e Paulo “…Ella si fece il segno della croce, s’ alzò e andò verso la porta”48.
Anche in “Marianna Sirca” è presente la passione, che esplode fatalmente incrinando fortemente l’ ordine sociale ed il rapporto tra padrona e servo qual era quello tra Marianna e Simone Sole ed il dramma si svolge nello scorrere lento dei giorni privi di avvenimenti, ma pieni di attesa, ansia, paura e speranza da parte della protagonista “I suoi giorni erano diventati un solo sogno d’ attesa”49. Marianna difende la sua libertà di amare e di essere amata, ma non raggiunge la gioia e la serenità come vorrebbe poiché l’ amore - peccato è una forza spaventosa ed irriducibile che genera un sentimento fatto “…di dolore e di oblio d’ ogni speranza…”50. Solo la morte di Simone riuscirà a purificare entrambi spezzando quello che era un legame impossibile e dando a Marianna la possibilità di iniziare l’ espiazione “…Non avrebbe più amato, non avrebbe più atteso. Ma non era un senso di disperazione, il suo, era anzi un senso di speranza e di riposo; Simone sfuggiva oramai a tutti i pericoli…”51
La donna, comunque, non è solo madre o amante, ma, talvolta, è quasi totalmente confinata nel ruolo sociale di custode delle tradizioni della famiglia di origine e ciò la porta fino a vedersi negata una vita vera e propria. In “Canne al vento”, la casa delle dame Pintor, in cui “…tutto però cadeva, e il legno corroso, diventato nero pareva al minimo urto sciogliersi in polvere…”52, desta ancora nel fedele servo Efix “…un rispetto religioso come il pulpito e la balaustrata che circondava l’altare della basilica”53. Inoltre le ormai non più giovani dame ribadiscono come concetto di tradizione la nobiltà “Quando si è nobili si è nobili”54 e per loro Efix sarà sempre il servo e loro le padrone, anche se è stata proprio la nascita nella nobiltà ad ostacolare la vita privata delle dame Pintor, sempre “…in attesa di mariti degni di loro…”55 ed a causare l’ abbandono della famiglia da parte della loro sorella Lia. “Le sorelle disonorate”56 dalla fuga e dall’ essere divenute cognate di un plebeo, poiché affermano: “…i nostri parenti non hanno mai comprato buoi…”57, sono state confinate in un esclusivo ruolo sociale: portare avanti la tradizione famigliare. Purtroppo, mentre Donna Ester e Donna Ruth hanno dignitosamente accettato la situazione perché “…sono come i santi di legno delle chiese. Guardano, ma non vedono…”58, Donna Noemi ha come “…il male del ricordo…(sembra una) figura del passato…(che cerca) di nascondere la loro miseria…”59. Infatti in Noemi non si è ancora spento il richiamo della vita e rischia di perdere sé stessa e l’ onore dei Pintor attraverso la passione per il nipote, anche se il valore della tradizione finisce con il prevalere. Solo il matrimonio con il ricco cugino Don Predu, sebbene senza amore, le permetterà di rientrare anche economicamente nell’ antico decoro sociale e di costruirsi una propria esistenza.
Come si è potuto vedere attraverso l’ analisi di questi romanzi, Grazia Deledda, attraverso le sue profonde conoscenze e radici culturali, ci mostra una visione religiosa della vita e della morte, sempre presenti nell’ animo di ogni individuo tra la sua gente.
Troviamo, inoltre, un urto tra ciò che è vecchio e ciò che è nuovo come concezione di poter cambiare il proprio status sociale e la propria condizione morale in un periodo in cui la società è ferma nelle sue tradizioni.
L’ arricchimento di esperienze da parte di personaggi come Elias e Paulo porta gli individui a guardare con occhi diversi il mondo di cui condividevano l’ ordine. Nonostante l’ esigenza di rinnovamento, però, non è possibile seppellire le vecchie concezioni alle quali, attraverso un accordo tra coscienza e ruolo sociale, ogni individuo si deve adeguare.
All’ interno della famiglia si creano delle lacerazioni e gli antichi rapporti ne soffrono ed incrinano la stabilità della famiglia, come accade nei litigi tra Pietro, il fratello di Elias, e Maddalena.
Inoltre Grazia Deledda si appella nei suoi romanzi alla coscienza individuale, che non si dissolve durante il racconto e, anzi, aiuta l’ individuo a capire meglio i peccati per poi poter cominciare l’ espiazione.
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